Come James Bond

Roberto Beccantini1 giugno 2024

Il Real è come James Bond. Quando la vedova nera già pregusta la mossa fatale – su una coscia, alla schiena, in una gamba: fate voi – ecco l’effetto speciale: un corner, un colpo di testa e «007» che prima la scampa e poi la alza. Quindici, per la storia. E sette per Carletto nostro e vostro: cinque da allenatore (3 Real, 2 Milan) e due da giocatore (entrambe con il Diavolo). Solo culatello? Mah.

Al Borussia Dortmund, gli applausi del loggione. E non solo, spero. Nella pentola di Wembley, aveva dominato per un tempo: Carvajal che salva su Adeyemi, a porta vuota; palo di Fullkrug (sul filo del filo, forse oltre); paratona di Courtois su Adeyemi, in contropiede; paratona su Sabitzer, dal limite. Sin lì, il Real sonnecchiava, zero tiri, Bellingham e Kroos da 5 scarso, Vinicius fumo e Rodrygo cenere. Lo tenevano su i gregari: Camavinga, Carvajal, l’arquero. Terzic, a petto di Ancelotti, pareva un piccolo stregone. Adeyemi, Sancho, Emre Can, Hummels, Fullkrug, Sabitzer, Ryerson: non uno che non sembrasse il doppio di quello che era. Alla distanza, piano piano, sarebbero tornati sulla terra. Tutti.

La Champions è il suo smoking, si era scritto alla vigilia. Lo è stato. In coda, ma lo è stato. Alla ripresa, immagino che abbia sbirciato il tabellone: ma come, non siamo 2-0 per loro? No. E allora, vamos. Da una punizione di Kroos, all’addio (come Modric, al probabile divorzio per volontà di Florentino), il primo brivido. Una sgrullata di Fullkrug, il centravanti, ha chiuso una partita e ne ha aperta un’altra. La staffetta tra Adeyemi e Reus non poteva incidere. Erano stanchi, i gialli, stanchi di attendere gli avversari non blindati in salotto ma in mezzo al giardino, pronti a morderli e a ribaltarli in transizione o in contropiede.
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Fiasco greco

Roberto Beccantini30 maggio 2024

Il calcio, signori. Chi era stato il peggiore in campo sino al 116’? El Kaabi, marocchino, tripletta all’Aston Villa, fin lì cancellato, ripeto: cancellato, da Milenkovic. Chi l’ha risolta? El Kaabi, avvitandosi di testa e bruciando Ranieri, su cross di Hezze. Dopo 3’ di Var per una mezza spalla in fuorigioco (no).

E così la Conference bacia l’Olympiacos di José Luis Mendilibar, il grande incartatore: citofonare Mourinho. Eccellenti, i cambi. Si esibiva, la Fiorentina, nella città dei rivali (ma non nel loro stadio). Per Italiano è andata come a Praga, con il West Ham: sconfitta di misura, e ancora agli sgoccioli. Per la cronaca, la Viola aveva giocato molto meglio là. Stavolta, mai padrona. E poi frenetica (ah, quei lanci lunghi), imprecisa (ah, Kouamé), macchinosa (ah, Bonaventura) con l’attacco dietro la lavagna: compresi Nico (in particolare), Belotti e Nzola.

E’ stata una ordalia brulla, piatta, barbosa, con i greci (si fa per dire) un po’ più aggressivi, un po’ più reattivi. Era da 0-0 ma, come cantavano gli Abba, chi vince si prende tutto, «The winner takes it all». E Terracciano, il migliore con Milenkovic, si era superato su Podence all’inizio e Jo-Jo Jovetic in coda. Italiano (voto globale, 7) lascia, così, con tre finali: una di Coppa Italia, due di Conference. Tutte perse. Diranno che le ha perse lui. Siamo in Italia e un «capo» espiatorio serve, sempre. Per Ancelotti, sono i giocatori che eccetera eccetera. Ho fretta, e quindi non mi dilungo: tanto, sapete come la penso.

Ricapitolando: cinque finaliste in due anni, una sola coppa. L’Europa League dell’Atalanta (altra cilindrata, altra categoria). E niente Toro estero su estero. Atene, Atene: la conosco, fidatevi… Mancava, alla collezione, il sicario che, d’improvviso, diventa Zorro. C’est la vie. C’est la fin.

Belli ciao

Roberto Beccantini25 maggio 2024

Amichevole «muscolosa» di fine stagione, Juventus-Monza 2-0, ma pure Juventus-Salernitana 1-1 sembrava una formalità. Rapidamente.

1) L’ultima vittoria della Vecchia risaliva al 7 aprile: 1-0 alla Fiorentina, Gatti in mischia. Quindi, la notizia c’è.

2) Tridentino: dall’inizio, per scelta, e non come a Bologna per emergenza (sullo 0-3). Paolo il caldo lascia con 4 punti in due gare, un traghettatore che il suo l’ha fatto.

3) L’addio di Alex Sandro (con gol, addirittura): terzino d’attacco, nove stagioni, a lungo da 7 + poi il precipizio. Capita. Duttile, però.

4) Chiesa ancora a segno (più un incrocio). Due di seguito. Calma. So già cosa vi sta passando per la testa.

5) Fagiolino. Alla seconda, dopo il ritorno di lunedì. Titolare, una traversa scheggiata, una regia nella norma, una gran palla a Chiesa. Sinceramente: l’ho sempre stimato, ma mi ha sorpreso la convocazione dell’Abate certaldese (la squalifica non c’entra; scontata, come ai tempi di Pablito). «Ah, se il Feticista lo avesse avuto per tutta la stagione»: un messaggio in codice?

6) Belle parate di Perin in avvio e di Pinsoglio, l’eterno «terzo», nella ripresa. Servivano: per tenere lo 0-0, per difendere il 2-0.

7) Una Signora ha diretto la Signora. Con grazia, con nerbo, con… non mi viene la terza, e allora con nerbo grazioso, come avrebbe detto l’indimenticato e indimenticabile Renato Dall’Ara.

8) Palladino al Monza, missione compiuta. E sono due.

9) Il terzo posto di Madama è ostaggio della Dea, domani il Toro e poi il recupero con la Viola, il 2 giugno, entrambi a Bergamo.

10) Vista la finale di Coppa d’Inghilterra. L’«equinozio» Gvardiol-Ortega, sulla rete di Garnacho, ha ribadito quanto il calcio, pure ai massimi livelli, rimanga metà arte e metà riffa. Per fortuna.